Anche se per Natale veniamo in Italia per passare le feste e andare sulla neve, a dicembre abbiamo trovato spazio per continuare a scoprire il Portogallo, e concederci una gita fuori porta.
Questa volta ci siamo armati di appetito e scarponcini e siamo andati ad Abrantes, nel centro del Portogallo.
Cittadina arroccata attorno ad un grande castello fortificato, circondato da un bellissimo giardino, Abrantes è una meta turistica assolutamente desueta anche per i portoghesi.
Ed invece, gastronomicamente parlando, Abrantes “merita il viaggio”, per dirla alla Michelin.
Innanzitutto, dove dormire.
Il bell’hotel Luna Turismo è situato in cima alla collina, è una piccola perla architettonica, con linee curve e stile anni Cinquanta. È stato rinnovato nel 2017 in toni pastello e dubbiosi lampadari di cristallo. Peró, offre una vista a 360 gradi sulla valle e sul Tago che scorre placido ai piedi della collina di Abrantes.
Le camere sono confortevoli e calde: chiedetene una con la vista sulla valle, perchè queste sono dotate di un delizioso balconcino orientato a sud. Perfetto per prendere il sole!
Dall’hotel si raggiunge facilmente sia il castello-fortezza, circondato da un magnifico giardino, che il centro storico, dove vale veramente la pena una visita al piccolo museo locale di archeologia iberica. In un’oretta si visita tutto, incluse le esposizioni d’arte, ed il museo è ben curato e pieno di reperti davvero intererssanti.
Per mangiare, consiglio di andare sul sicuro e tradizionale e spostarvi dal centro storico fino alla vicina frazione industriale di Alferrarede, per mangiare al ristorante Cascata.
Chiedete bucho, maranho, e mioleira, chiudete gli occhi e perdetevi in questa gastronomia arcaica e deliziosa che esalta il quinto quarto alimentare.
Il bucho assomiglia allo haggis scozzese: stomaco ovino ripieno di riso, menta, enchidos e frattaglie. Il maranho è simile, ma qui invece del riso c’è il pane. La mioleira è un piatto di migas con il cervello, aromatizzato con erbe fresche come la menta. Sapori medievali, preparazioni artigianali, un vero tuffo nella gastronomia locale e lontanissimo dal turismo di massa.
Non si puó lasciare Abrantes senza una visita alla Pastelaria Tágide nella vicina frazione di Rossio ao Sul do Tejo.
Preparatevi per una vera escursione nella pasticceria tradizionale portoghese: oltre alla famosa Palha de Abrantes (dolcetti con fili d’uovo zuccherati, che appunto sembrano paglia), non perdetevi le Tigeladas, meravigliosi dolci di uova, zucchero e latte che vengono cucinati in terrine di cotto non smaltato in forno a legna ad altissima temperatura.
Le tigeladas sono dolci per me molto emozionanti, perchè la prima ricetta scritta di cui si conosce viene dal mitico libro di ricette dell’Infanta Dona María. È da questo libro e molti altri classici che il prossimo mese partiremo a scoprire il Portogallo gastronomico, una ricetta alla volta, una ogni mese.
La ricetta dell’Infanta prevede che si prendano quattro uova, zucchero e cinque cucchiai colmi di farina e cinque di zucchero. Si sbatte bene questo composto, si sala e si versa in delle piccole scodelle di terracotta non smaltata in ciascuna delle quali è stata sciolta una nocciola di burro. La p e vi scioglieranno un po' di burro, quanto una noce per ciascuna scodella. Si inforna ad alta temperatura, e si mangia fredda.
Imperdibili poi sono le Broas de Mel e Nozes, la variante locale e buonissima delle Broas Fervidas Ribatejanas, dei biscotti antichi addolciti col miele, i Mulatos e le Castanhas Doces. Ne abbiamo parlato prima di Natale.
A Dicembre siamo anche stati in Spagna. Siamo andati a provare i ristoranti dello Chef Dani Carnero a Málaga in Andalusia. Abbiamo fatto un aperitivo con diritto al panino di tartare al bancone del simpatico La Cosmo, ci siamo concessi una insalata russa prfetta da La Cosmopolita, ed abbiamo festeggiato la prima stella del suo ristorante Kaleja seduti attorno al fuoco, che qui chiamano candela. .
Infine, siamo andati a camminare nel Parco Naturale di Araba nel País Basco, e ne abbiamo approfittato per andare a scoprire il ristorante Arrea! e per andare a trovare i cari Bittor e Mohammed, anima della cucina e della sala dell’iconico Asador Extebarri che non vedevamo da un po’ di tempo.
Questo mese è uscita l’edizione in spagnolo di Cocina o Barbarie della cuoca catalana María Nicolau. Lo ho letteralmente divorato.
Un libro estremamente bello, coinvolgente ed emozionante che mi ha tenuta aggrappata alle pagine del libro come ad una scialuppa di salvataggio, in questo mese pieno di consumismo fine a sé stesso e luci natalizie.
La ha intervistata la mia Direttrice del Master in Comunicazione Gastronomica e sulla questione della gastronomia e del giornalismo gastronomico, María le ha risposto che “la comunicazione gastronomica si è concentrata in questi 25 anni anche a parlare di un fenomeno moderno come il ristorante (con solo 80 anni di vita) rispetto ai 100.000 anni di cucina domestica”, che lei simboleggia in un utensile come la escudella."La escudella si estingue, ma il ramen trionfa", dice.
E lei che invece da cuciniera e da catalana invoca la escudella, fa pensare a noi che potremmo altrettanto invocare la ribollita, e i portoghesi del loro baccalá in mille forme e perché, dice ancora Maía, siamo tutti dentro al fenomeno del "rinnegare ciò che è nostro, ciò che ci sembra vecchio e antico". Yanet le chiede se ha in mente di occuparsi di alta cucina e María risponde che "proprio come nella favola dei tre porcellini, l'altezza gastronomica della ristorazione si fa con quella paglia e il primo lupo che passa la soffierà via. Alta cucina. Non perdo tempo con ciò che non è importante".