Il problema degli pneumatici
Alla Pirelli le donne piacciono (nude) mentre alla Michelin preferiscono i signori bianchi di mezz'etá. Ma quindi: che gomme scelgo?
Alexandra Sumasi su BonViveur , qualche tempo fa si interrogava sui limiti della Guida Michelin: “Le ruote Michelin dovrebbero servire anche agli ispettori della Guida per perdersi in Spagna, e scoprire da soli che in ogni angolo remoto possono trovare sorprese.”
Il grande nocciolo della questione è che sembra quasi che questi ispettori abbiano l’espresso dovere di NON consumare battistrada per, appunto, battere la strada in cerca di novità culinarie, perle gastronomiche, e quei luoghi che valgono il viaggio, tanto cari alle prime edizioni di questa guida.
Non dimentichiamoci che la guida gastronomica è nata come pretesto per invitare alla guida stradale, e dunque a consumare pneumatici. Michelin, ovvio.
Storie di guida
Ma con il tempo, la Guida ha iniziato a vivere una vita propria ed invece di invitare al viaggio e alla scoperta, al leisure, sembra quasi una raccolta punti (anzi, stelline) che spinge le persone a recarsi nei posti elencati senza curarsi del paesaggio, né della strada.
Dritti alla meta, alla tavola e al menú degustazione, e bando alle ciance. E tanto peggio per il paesaggio circostante, la cultura del luogo, le persone, ed i contrattempi. Quelli che fanno sbagliar strada e trovare per caso un luogo ameno.
Perchè ormai, armati di GPS e GoogleMaps e Waze, non lo guardiamo nemmeno piú il paesaggio, neanche di sfuggita quando cerchiamo i cartelli stradali. Abbiamo fretta di arrivare al ristorante stellato o al Bib di turno per poter anche noi postare una foto e provare che “io c’ero”.
Ma c’ero dove, esattamente?
Ci sono luoghi che questa mappatura Michelin ha deciso deliberatamente di ignorare. In un paese come il Portogallo, dove la Michelin si concentra in due-tre luoghi (Algarve, Lisbona, Porto, e qualche gettone di presenza nelle altre regioni, solo per non dover ammettere con imbarazzo che “hic sunt leones”).
E forse non è nemmeno piú il suo compito o non lo è mai stato, quello di indicare luoghi deliziosi di ristoro per viaggiatori affamati di gastronomia.
Perchè io me li immagino coi mocassini scamosciati e la camicia stirata infilata nei chinos di Zara, questi ispettori Michelin. Uomini o donne che siano, li immagino cosí. Gente da oratorio e che al mattino col caffé si legge i press delle agenzie, invece che macinare a mano il caffé per sentire l’odore dei grani freschi che si mescolano con l’orzo tostato. Ma quelli della ricerca spasmodica di sapori ed aromi sono narratori, non esattori (di parametri da segnalare con crocette su una checklist).
Forse però almeno loro dovrebbero spegnerlo il navigatore, e lasciarsi andare alla deriva. In questa stagione poi, quella della nebbia al mattino e della lampreda, è una stagione speciale per perdersi dove i turisti non arrivano.
In riva al fiume
Noi alla deriva ci siamo andati, e siamo arrivati fino ad Ortiga, piccolo paesino aggrappato alle colline tra cui serpeggia il Tago.
Siamo partiti affamati da Lisbona in direzione Tomar e Abrantes ed abbiamo tirato dritto fino ad addentrarci nel municipio di Mação, arrivando ad Ortiga.
Qui, nel campeggio del lago artificiale costruito sulla diga (Parque de Campismo Municipal de Ortiga), da fine febbraio fino a metá aprile si celebra il festival della lampreda: Festival da Lampreia de Mação nel ristorante di A Lena da Barragem, uno dei ristoranti aderenti a questa iniziativa.
Il ristorante è spartano: una grande sala, tavolate con tovaglie di carta e un menu a prezzo fisso. Bisogna riservare assolutamente: la cucina è fatta su misura, in base al numero degli avventori prenotati.
Della lampreda non vi metto una foto, perchè è un animale realmente preistorico ed assomiglia ai mostri di Tremors incrociati con i vermi di Dune. E se lo vedeste, forse non vorreste assaggiarlo. Ma fate come me! Non guardatelo fin dopo aver digerito il primo piatto. Vi conquisterá.
Perchè questo animale fluvale, una volta cotto, è uno spettacolo. Il sangue della lampreda viene usato per cuocerci dentro il riso come nella cabidela, e viene servito per accompagnare i tranci di lampreda stufata con erbe fresche, tra cui la menta.
Per dolce, una tigelada, una tortina che sembra un budino, latte e uova e zucchero cotti nel forno a legna in delle scodellette di terracotta non smaltata. E un caffè per digerire.
La cucina di Helena Matias, per tutti Lena è semplice, gustosa, ed antichisisma: “Ciascuno fa la lampreda come vuole, ma noi abbiamo solo questo modo di farlo e non ne vogliamo un altro. Così faceva mia suocera, così lo faccio io e anche mia figlia” dice Lena a Antena Livre. Piú chiaro di cosí, un vero manifesto contro certe modernitá che deturpano.
Finito il pranzo, non mettetevi subito in strada. Superato il passaggio a livello accanto al ristorante, c’è una bella passeggiata che sembra fatta apposta per digerire. Il percorso consta di una bella ed agibile passerella in legno che fa parte di un progetto di riqualificazione turistica del comune di Mação, la Rota das Pesqueiras e Lagoas do Tejo.
La passerella è installata sulla sponda destra del fiume Tago, e il percorso di due km si snoda tra le Lagoas do Tejo, dove sin da tempi remoti si pescava. La passeggiata è molto amena, tra gli alberi che circondano le passerelle e, sull'altra sponda del fiume, si vede il panorama fino ad Abrantes e le pianure delle lezírias, le paludi tipiche di tutto il Tejo e che vicino a Lisbona diventano saline e risaie.
Ed ora che siamo sulla via del ritorno, mi accorgo che non ho ancora saputo rispondere alla domanda: Pirelli o Michelin?
Perché qui noi gli pneumatici della nostra macchina forse li dobbiamo davvero cambiare, dopo tutto questo viaggiare alla scoperta delle bontà del Portogallo.