La gastronomia dei libri: a Sintra e nel Douro Verde con Eça de Queiróz
Grandi scrittori della letteratura portoghese letti in chiave gastronomica
Il mio scrittore portoghese preferito è senza dubbio José María Eça de Queiróz.
Tanto da leggere compulsivamente ogni suo scritto, e rileggere ogni volta che posso i passaggiu piú belli dei suoi capolavori. Ho scritto di lui per il III Congreso de Comunicación y Periodismo Gastronómico. Relectura gastronómica ed una versione estesa ed accurata di questo scritto si trova, in spagnolo, pubblicata su The Foodie Studies Magazine.
Qui ne scrivo un po’ in italiano, per voi. Ma vi invito ad andare a leggere l’originale, ed usare il solito Google translate.
Eça de Queiróz è artista, giornalista, scrittore, diplomatico, bon vivant. Nasce nel 1845 nel nord del Portogallo, da una madre single che si sposerá con il padre solo successivamente, causando ad Eça un astio verso le figure materne ricorrente in tutta la sua letteratura.
Nel corso della sua breve ma intensa vita viene mandato in missione a Cuba, luogo che detesta, poi in Francia, suo paese d’elezione, ed ancora in Inghilterra (a Bristol e Newcastle).
Muore in Francia, a Nuilly-sur-Seine nel 1900.
Ma è del Portogallo, e dai portoghesi, che scrive per tutta la vita. E ne scrive magistralmente. Un po`come per il nostro Manzoni, anche lui viene purtroppo dato in pasto a poco famelici liceali e studenti che in molti casi ne vengono a noia ancor prima di iniziare a poterlo apprezzare.
Le sue lunghe e dettagliate descrizioni, il suo uso magistrale della lingua portoghese (ben superiore a qualunque TikToker contemporaneo) e liso di stilemi linguistici desueti ne fatto un alieno per la generazione di giovani d’oggi, con la capacità di attenzione di un moscerino da frutta.
Ma Eça é magnifico. Sublime nella scrittura e nell’aggettivazione, ha un tono sempre ironico e sempre distaccato, eppure accorato e “vicino”. Un Maestro.
Ma Eça de Queiróz è un buongustaio prima del tempo della comunicazione digitale, che posa in prosa analogica i ritratti fugaci di pranzi, conversazioni intorno ai pasti e desideri gastronomici.
Con lui, ci lasciamo guidare: i suoi libri sono come guide turistiche. Dal Douro Verde a Coimbra e Lisbona, i suoi libri sono un invito a viaggiare attraverso le terre lusitane.
Il più iconico dei libri di Eça, nonché il mio prefertito, è forse Os Maias, una saga familiare intrisa di tragedia che culmina in una relazione incestuosa tra Carlos e Maria, due fratelli che non anno di esserlo e finiscono per innamorarsi perdutamente. Una storia cosparsa di banchetti, ricevimenti, pic-nic, gite fuori porta ed enogastronomia.
In Italiano portete trovarlo edito negli anni 50 qui. Un peccato che sia abbastanza introvabile, come anche l’edizione Fabbri del 1998.
Su The Foodie Studies racconto che “Eça nei suoi libri mette in risalto le specialità che piacciono alla nobiltà e all'alta borghesia, come la famosa cena al Grand Hotel Central, dove vengono serviti piatti eleganti e alla moda dell'epoca, come il Sole Normande o il Poulet de Bresse aux champignons.
Il paese di cui scrive Eça in questa cena è ancora molto simile a quello di oggi, con uno sguardo centrato sulla capitale: “Lisbona è il Portogallo, l'altro gridava” e “Non c'è niente fuori Lisbona”. Attraverso i suoi personaggi, l'autore parla di un paese "felicemente e splendidamente fallito".”
Un po’ come il Portogallo oggi, divorato da salari bassi, Golden Visa e speculazioni, ed una classe politica corrotta come il PSI di Craxi, ma senza doccia di monetine al Raphael.
Eça mette sulla bocca di un personaggio, forse alter ego, chiamato Ega, la necessità di un'invasione spagnola del Portogallo, poiché questa potrebbe finalmente iniziare “una nuova storia, un altro Portogallo, un Portogallo serio e intelligente, forte e dignitoso, studiato, pensato e creatore di civiltà come nel passato".
Chi se lo auspica é un altro personaggio, un banchiere di nome Cohen che é l’anfitrione della serata.
Con un colpo di genio magistrale, la cena si conclude con un'edonistica assoluzione dei peccati dichiarati, compiuta dall'arrivo di un piatto divenuto iconico:
“Tutti ammiravano educatamente la delicatezza di Cohen. Con gratitudine, il suo sguardo si addolcì, facendo scorrere una mano con un diamante scintillante sui suoi baffi. E in quel momento i camerieri servirono un piatto di piselli in salsa bianca, mormorando:
— Piccoli pisellini à la Cohen.
Alla Cohen? Ogni invitato, esterrefatto, osservó più da vicino il proprio menu. Ed eccola lì, questa piccola verdura: petit pois a la Cohen. A quel punto un altro personaggio, con entusiasmo e stappando champagne, dichiara che la serata ora era davvero diventata chic! “Bancarotta, invasione, patria: tutto era stato dimenticato. La cena si stava concludendo felicemente.”
Su The Foodie Studies dico che “rileggere oggi un autore di oltre cento anni fa e trovarlo contemporaneo sia nel suo stile irriverente nei confronti della società ipocrita e piccola in cui si muoveva, sia nella tradizione gastronomica, è un complimento alla conservazione della gastronomia tradizionale portoghese e all'attitudine allo stesso tempo una satira ancora più struggente su una società che, in fondo, non è cambiata molto nei suoi difetti.”
Vi invito quindi a passare di lá, anche perchè ci sono altre bellissime riletture, tutte da degustare. Come un bel piatto fumante.
Anche se molti degli hotel e ristoranti di Lisbona citati da Eça hanno cambiato nome e sono ormai prevalentemente luoghi turistici, ci sono ancora molte vestigia di quel passato che mi piace tanto poter ricordare.
Lisbona, come tutte le capitali, fagocita il passato per trasformarsi in un’oasi di ristoranti e “concetti” turistici. Tuttavia, nel nord del Paese le tradizioni sono mantenute vive. E per dirla in “linguaggio Michelin”, la casa-museo Eça nell’area verde del Douro vale il viaggio.
Come Eça e il suo alter ego Jacinto nel libro As Cidades e As Serras, Santa Cruz do Douro può essere raggiunta in treno da Porto, passando lungo la sponda del fiume Douro fino alla Estação de Aregos. Qui, in armonia con la natura avvolgente e le parole dello scrittore, potrete scegliere di percorrere il famoso Caminho de Jacinto, il tratto di strada che separa la stazione dalla fondazione Eça de Queiroz.
La Fondazione, situata nella bella casa ereditata da Eça e sua moglie, ospita oggi un museo e un ristorante dove vengono serviti alcuni dei piatti descritti dall'autore portoghese nei suoi libri, come il pollo dorato, fritto alla perfezione, accompagnato da riso con le fave. Il pasto può essere completato con un dolce chiamato “budino all'acqua bruciata”, una crema leggera di uova e zucchero ma senza latte. Quando gustiamo il riso con le fave possiamo sentire come si sentì Eça quando gli fu messo davanti un piatto fumante, ritornando nelle campagne di un Portogallo povero e arretrato, lui che veniva dalle prelibatezze di Parigi:
“E mise sulla tavola una ciotola traboccante di riso e fagioli. Che delusione! Jacinto, a Parigi, aveva sempre odiato le fave! Tuttavia, tentò un timido morso – e di nuovo quei suoi occhi, annebbiati dal pessimismo, brillarono, cercando i miei. Un altro boccone lungo e concentrato, con la lentezza di un frate che si abbandona al piacere. Poi un grido:
- Geniale! Ah, questi fagioli sì! Oh, che fagioli! Che meraviglia!".