Questo è un racconto che ho scritto per il mio “Bestiario Geografico Portoghese”.
Il mio Bestiario é un libro che ho scritto e che non esiste, poiché non ha ancora incontrato un editore interessato. Forse non lo incontrerò mai ed allora mi deciderò a pubblicare il libro da sola, con le illustrazioni che sto preparando.
Chissá…
Intanto vi racconto un po’.
È un libro di fiabe per adulti, con qualche favola.
Questo racconto, lo ho scritto al tavolino della Mercearia do Prado, che é anche il luogo che ha ispirato questo racconto, imbastito mentre prendevo un caffè con una amica originaria di Leiria.
Una volta infatti nella mercearia c’era un bancone di frutta e verdura di cui io ero cliente assidua (probabilmente l’unica). Fu lí che un giorno vidi un cestino di pere vicino ad un cestino di avocado-pera, un tipo di avocado di qui.
Il resto, é fantasia.
La Pera Avocado di Leiria (una storia vegana) fa parte di una serie di racconti semiseri ispirati alla geografia, alle tradizioni, e alla gastronomia portoghese, una serie di fiabe per adulti, geograficamente alimentate in Portogallo, e nate da giochi di parole, da piatti pieni, da confusioni culturali-linguistiche e dalla semplice voglia di intrattenere.
L’unico filo conduttore di questi racconti è l’amore che lega l’autrice al suo Portogallo, alla continua ricerca di sapori autentici, e le nottate spese a caccia di ispirazione nelle cucine portoghesi.
Approfittatene con cautela: potreste anche voi innamorarvi del Portogallo, e potreste volervi trasferire.
Al bancone, in taverna o al ristorante, c’è sempre posto per chi crede nelle parole dei libri.
Lo ha detto anche il grande Pessoa.
Nell’epoca in cui va piuttosto di moda definirsi gender fluid, in cui l’apertura mentale è la cosa più importante di una persona ed in cui chi professa di avere una identità ben definita viene segretamente sospettato di fascismo latente, ben venga la pera avocado.
O così i proprietari della “Mercearia Lumes” pensarono, quando in una cassa videro arrivare lo strano vegetale.
Tra i clienti della merceria, tuttavia, l’arrivo della pera avocado causò enorme scompiglio.
Innanzitutto, non si sapeva dove mettere questo nuovo articolo. Si aprirono grandi discussioni filosofiche: era un frutto, o una verdura? Leonardo voleva infilarla tra i pomodori e le cipolle, suggerendo così un possibile guacamole agli avventori.
Marta, invece, si rifiutava di toglierla dal reparto frutta, insistendo che questo vegetale non ben definito aggiungeva un tocco di verde tra albicocche arancioni e mele rosse.
Non se ne veniva a capo, e nemmeno i clienti interpellati sembravano raccapezzarsi. Il vecchio signor Tino ad esempio era contrario. “Sono contrario”, gridava, vago. Era davvero contrario. A tutte le opzioni.
Tino, una specie di vetusta gloria di quartiere che aveva partecipato più o meno attivamente a tutte le guerre conosciute (e dopo qualche bicchiere inventava anche campagne belliche mai accadute, scombinando geopoliticamente il mondo contemporaneo con tregue e acquisizioni territoriali che, se seguite sul mappamondo, avrebbero creato una sorta di pangea preistorica) aveva categoricamente rifiutato di prendere parte alla diatriba.
Il signor Tino si era dichiarato la Svizzera e da allora, per rimarcare il concetto, sfoggiava una maglietta rossa con croce bianca ogni volta che si recava a comprare sedano, pinoli e uova (gli articoli di maggior successo del suo paniere settimanale).
Se qualcuno lo avvicinava durante la sua sessione di acquisti, minacciava “l’invasor” con un ciuffo verde e una canzonaccia partigiana con le parole tutte sbagliate, e tulipani invece che garofani.
Sua cognata, la signora Delfina, aveva invece idee molto chiare, anche se non osava esprimerle di fronte al vecchio Tino, per rispetto famigliare e di anzianità.
Quando lui non c’era diceva pacata “se si chiama pera avocado, e non avocado pera, la soluzione è semantica, non scientifica”.
La preminenza apparente del lemma pera la rendeva piuttosto certa della sua definizione, nonostante il sedicente frutto fosse tutto verde a buccia spessa e con un nocciolo grande e liscio.
Era stata una maestra di grammatica e lettura, dopotutto, e parecchio severa. Le scienze tutte a suo dire erano quisquilie quando paragonate alla perfetta dizione, al sublime ordine grammaticale e alla perfezione linguistica.
Ovviamente il Dott. Moura, suo vicino di pianerottolo e medico in pensione, non concordava e, in disparte, scuoteva la testa dietro le larghe falde del quotidiano.
Non era ammissibile, per lui, un vegetale cosi indeciso.
“O si è sani, o si è malati. O si è pere, o si è avocadi” sentenziava quando interpellato, sbucando da un lembo di giornale.
Anche il farmacista era della stessa opinione, ma non osava discuterne con il Moura perché al vederli insieme si sarebbe creato un assembramento di persone non indifferente, tutte a chiedere farmaci, ricette, consigli e discutere di acciacchi più o meno reali con i due rappresentanti della salute pubblica e privata del quartiere.
Da parte sua, il postino stava considerando, insieme alla grassa tabaccaia Donna Rosita, di mettere su un giro di scommesse su questa pera avocado o avocado pera, per raccogliere fondi per la recita scolastica del parroco.
Parroco che era Don Ferrante e che, a fin di bene, chiudeva anche tutti e due gli occhi di fronte ai noti biscazzieri.
Don Ferrante si limitava ad annuire, e con un sorriso dire della questione pera avocado serafico “sono tutti frutti del Signore”, e non si capiva bene se si riferiva alle pere, agli avocadi, ai giocatori d’azzardo della sua parrocchia, o ai ragazzi che avevano occupato lo stabile dirimpetto alla Merceria ed esponevano bandiere arcobaleno e multicolori.
“Tanto carine le bandiere” diceva Don Ferrante “Ma molto meno belle del manto della nostra Vergine Maddalena” annuiva, scambiando sante e madonne in continui lapsus linguistici che divertivano i ragazzi multicolori e causavano genuflessioni e segni della croce nelle sue affezionate e vetuste parrocchiane.
Fu la signora Marina, la pescivendola, che finalmente riuscì a mettere tutti d’accordo.
Per uno strano caso del destino, si era ritrovata sposata al macellaio e questa unione di carnefici del regno animale aveva generato nei due grande compassione verso tutto il creato.
Perlomeno quando smettevano le vesti professionali e si allontanavano dai loro coltellacci e grembiuli macchiati delle interiora di qualche povero esemplare di fauna molto malcapitato.
La Ida era dunque andata in merceria con sua madre, la signora Marina, che aveva detto, facendo spallucce: “I pomodori son delle frutta che vanno nell’insalata, mica nella macedonia. Un avocado a pera può ben andare nell’insalata per compensare”.
Saggezza popolare.
Il merito della soluzione andò tuttavia alla Ida, poiché la genitrice che era sorda come una campana non aveva sentito lo scroscio di applausi che suggellavano la perfetta riuscita della sua sentenza, come non sentiva mai le richieste dei clienti quando squamava il pesce al suo bancone.
E fu cosi che da allora, il nuovo vegetale trovò un posto di onore assoluto, a separare la frutta dalla verdura, accanto al pomodoro (che pero già si trovava nella parte della verdura) e alle mele (arcinote rappresentanti del mondo dolce dei frutti per la merenda).
Pace fu fatta nel mondo vegetale.
Epilogo
Al viaggiatore curioso che volesse sperimentare un piatto di casa, la signora Ida (la figlia della pescivendola e del macellaio), non può che suggerire di chiedere “carne de porco à alentejana” (in fotografia, quello della meravigliosa tasca “A Castiça”, una perla ancora originale di Lumiar, a Lisbona).
Infatti si tratta di un piatto che curiosamente combina mare e terra, mare e monti, terra ed acqua, attraverso la mescola di cubi di carne di maiale, patate e vongole saltate.
Il piatto, dice lei, di origine antica. Per noi, un piatto…ne carne ne pesce, un po’ come la pera avocado.
Buonissimo, eh!
Che divertente sembra di essere a teatro con Goldoni in scena:)))
Haha bellissimo!! :)