“E allora, cosa si mangia di delizioso a Natale a casa tua?”
Una domanda semplice, che apre infinite discussioni tra noi in Italia.
Mentre da me (profondo nord) si fa sí una vigilia con del pesce, magari una bella spaghettata alle vongole, il giorno di Natale è sempre dedicato ai piatti forti della tradizione domestica dai tempi della bisnonna: lasagne tradizionali fatte in casa, e anatra all’arancia con il purè. Cui seguono tronchetti, panettoni, pandori, Stollen, Zelten, panpepato, panforte, e chi più ne ha più ne metta.
Ma questa è appena una tradizione di una famiglia.
Ognuna ha la sua, e si moltiplicano per le usanze regionali, provinciali, locali.
Ad esempio, da mia cugina in fondo alla strada di campagna che separa le nostre case avite non si mangia il pesce, e a Natale c’è polenta con lo spezzatino. Non ora: vive in Svizzera per cui suppongo che a Natale ci sia ancora altro.
E in Portogallo?
La mia amica lisboeta alla mia domanda rispose che beh, alla vigilia si mangiava baccalà bollito con carote bollite, cavolo bollito e rape bollite, e il giorno dopo gli avanzi di questo pasto venivano sminuzzati e uniti all’uovo per fare una sorta di frittata golosa chiamata “roupa velha”.
Io, di sasso.
Non credo di aver profferito parola per cinque minuti.
Le immagini di lauti banchetti con portate che si susseguono, i famosi 13 antipasti di pesce delle vigilie e le opulenze di primi e secondi del Natale italiano mi scorrevano davanti agli occhi.
Baccalà bollito. Santo cielo.
Lasagna, per favore
A casa nostra a Lisbona, a Natale si deve necessariamente compromettere.
Siamo un’italiana e un portoghese, circondati da centinaia di libri. Molti, di cucina.
Furbescamente concedo baccalá alla vigilia, per poter avere, con il consenso unanime di tutti, lasagna il giorno di Natale.
A casa mia, infatti il grande giorno è sempre stato il 25. E si ripeteva per par condicio coi parenti restanti il 26.
I miei genitori lavoravano fino a tardi il giorno della Vigilia, e generalmente eravamo tutti stanchissimi arrivata la sera: una bella zuppa calda (magari una zuppa di salmone alla norvegese, uno dei miei classici) con dei crostini al caviale, e un bel libro per finire in pace e tranquillità con una fetta di Zelten, tra le luci soffuse dell’albero e delle candele dell’Avvento.
Ma il 25, che giornata!
In piedi presto e dopo uno scambio di doni, perlopiú libri, e una fetta di pandoro, via a impastare la pasta per fare la lasagna, e fare la balsamella come la chiamava Pellegrino Artusi. Il ragú, da che ho memoria, lo ho sempre preparato io nei giori prima del Natale, cosí da averlo pronto all’uso.
La pandemia ha alterato i nostri piani, e per gli ultimi due anni abbiamo passato il Natale a Lisbona. Cosicché abbiamo iniziato a costruire insieme una tradizione nuova.
Come tradizione non tradizionale approfittiamo del bel tempo che generalmente c’è alla vigilia per un pranzo fuori e poi una bella passeggiata al sole al Parco Edoardo VII, e magari un tè al Ritz nella bellissima Lounge decorata dall’artista Almada Negreiros.
A Natale il clima nell’hotel è generalmente tranquillo e le grandi sale sono decorate con grandeur, che fanno un po’ venire in mente i classici film natalizi come Mamma! Ho perso l’aereo.
Più spirito natalizio di cosí!
Il giorno di Natale tutti all’opera, a montare la lasagna! Non ho la macchina per fare la pasta, quindi compro la pasta fresca dagli artigiani locali come Valentina, l’anima di Ruvida.
Baccalá, ma non bollito
Oltre al baccalá, i portoghesi amano gustare tacchino a Natale - almeno secondo le martellanti pubblicità dei supermercati: tra tutte le bestie volatili, forse la meno interessante e per me la piú insipida.
Non ce la posso fare.
Per questo mi sono messa a scavare nelle tradizioni regionali per trovare delle risposte.
Così ho scoperto che si mangia anche molto altro. E che come da noi, le tavole sono imbandite di molte portate e non frugali ed ascetiche. Come sarebbe piú in linea con la tradizione, ma siamo barocchi anche noi del sud.
Tradizionalmente nelle case si mangia nasello fritto, arrosto di capretto oppure di agnello. Si mangia polpo, baccalá al forno, ma anche cabidela (un piatto a base di riso con la gallina ed il suo sangue, di cui parleró piú avanti) e gallo arrosto.
Ogni regione ha le sue particolaritá. Ogni famiglia, le sue tradizioni.
C’é anche chi mangia vindaloo, e non solo nella comunitá goesa ed indiana: vedremo in un post nel 2023 come questa ricetta abbia origini portoghesi ed in patria sia conosciuta come vinha d’alho, apprezzatissima tralaltro come pasto natalizio a Madeira.
I dolci di Natale
Mentre da noi ci si divide equamente tra chi ama il pandoro e chi ama il panettone, con qualche delizia regionale che peró rimane confinata appunto a livello locale, come il mio amato Zelten, in Portogallo i dolci di Natale sono davvero tantissimi, e soprattutto sono sentitissimi a livello locale e famigliare.
Il re e la regina delle feste sono due specie di incroci tra lo spagnolo Roscon de Reyes e il pane di frutta stile panettone o Zelten. Si chiamano Bolo Rei e Bolo Rainha, ciambellone con frutta secca (e canditi, nel primo).
I più classici li vendono le pasticcerie storiche del centro, la Confeitaria Nacional e la Pastelaria Benard, o della Pastelaria Versailles, in bellissime confezioni di latta decorate molto retro.
I più innovativi, che prendono spunto dalla babka della tradizione ebraica e vengono confezionate con pasta madre sono io meraviglioso Mago di The Millstone Sourdough e le corone di frutta di Slow Sourdough. Anche la panetteria ISCO ha una bella corona di frutta secca, oltre alla germanissima Stollen.
L’influenza francese nella pasticceria si nota nel fatto che il tronchetto di natale anche qui sia un grande favorito. Bellissimi quelli di Juliana Penteado e della pasticceria del Ritz Four Seasons.
Ma ci sono anche dolcu autoctoni dalla forma simile, come la Lampreia de Ovos originaria di Portalegre, ovviamente a base di marzapane, zucchero e tuorli.
Tra i dolci tradizionali di Natale ci sono le rabanadas, una specie di fette dorate che in Francia chiamano pain perdu e che non sono troppo diverse dalle torrijas spagnole (che peró sono per la maggior parte un dolce pasquale, non natalizio).
Ci sono ovviamente i fritti (e qui si vede quanto i quasi mille anni di Al Andalus siano ancora vivi nella tradizione, poiché dove c’è fritto intorno a Natale significa che un tempo c’era vivo e vegeto uno spirito di Hanukkah, una settimana intera a friggere il mondo).
Si friggono i coscorões, i filhoses e sonhos. I coscorões sono fazzolettoni di pasta inzuccherata simili ai nostri crostoli, chiacchiere o grostoli. I filhoses sono dei frittelloni di pasta, a volte con polpa di zucca, fritti e cosparsi di zucchero. I sonhos ricordano gli oliebollen olandesi, palle di pasta fritta (al gusto di carota oppure zucca).
I biscotti natalizi per eccellenza qui sono le broas: le broas castelar sono della zona di Lisbona, piccole losanghe coperte di crema all’uovo tostata. Sono originarie del Ribatejo invece le mie favorite tra le broas, le broas fervidas della zona di Abrantes e Rossio ao Sul do Tejo.
Io però ho un debole in particolare per le azevias de grão, piccole tasche di pasta ripiene di una confettura di ceci. I ceci sono un elemento importantissimo della storia gastronomica del Paese, specialmente in Alentejo dove l’eco della presenza araba e del su amore per i ceci si riverbera perfino nei dolci, come in questo caso.
A Madeira fanno una torta di frutta simile al pudding inglese, che si chiama bolo de mel, fatto con lo sciroppo di canna da zucchero.
Nel nord e nelle Beiras specialmente si mangia l’aletria. Questa parola, che deriva dall’arabo ispanico alaṭríyya o aliṭríyya, derivato dall’arabo classico iṭriyah, che a sua volta deriva dall’aramaico biblioc iṭṭĕrī[tā], è una pasta ci capelli d’angelo o vermicelli, cotti nel latte e zucchero e spolverati di cannella.
Sono un dolce antico, che ricorda il kügel ashkenazita e che é una alternativa al dessert di riso al latte, anche questo confezionato con cannella e tuorli.
Giá nel famoso Libro di Dona Maria, poi, il primo libro di culinaria portoghese post-Al Andalus, si parla di alfitetes, un impasto di farina con uova, zucchero, vino e burro. Ora, gli alfitetes sono invece un dolce di Evora, fatto beninteso con un impasto che racchiude una composta di ceci e mandorle. Non necessariamente natalizi, ma golosi.
C’è il pandoro a Lisbona
O meglio, ci sono tantisismi panettoni, e tutto l’anno.
I portoghesi si sono innamorati, letteralmente, di questa focaccia dolce e in una sorta di eresia collettiva lo chiedono e lo trovano anche d’estate (“panettoni estivi”, e ne siamo anche noi italiani colpevoli, perchè li produciamo anche noi).
Il panettone della panetteria Gleba si trova dunque tutto l’anno sia in versione classica che al cioccolato fondente e (un po`troppe) nocciole.