A night full of stars?
Piovono nuovi riconoscimenti, quando forse invece bisognerebbe mettersi alla ricerca di un nuovo paradigma
Ieri sera sono state assegnate le stelle Michelin per la guida che accorpa Spagna e Portogallo, che per la “Rossa” sono star finora unite in uno strano medley alla Frankenstein dai risultati spesso catastrofici per i cugini lusitani.
In una cena di gala che sa sempre di ancien regime, e che immagino con frac e vestiti di paillette, e che nonostante le luci stroboscopiche non riesce a non odorare di canfora (in questo, molto simile alla nostra cerimonia di qualche settimana fa), sono stati premiati vari ristoranti portoghesi in una moltitudine di premiati spagnoli.
Le stelle e chi ha vinto probabilmente lo sapete già, e qui poco interessa.
Potete consultare i risultati di questo fantacalcio culinario qui per la versione ufficiale, qui per un esempio clamoroso di cui alla Spagna nun je ne po’ fregar de meno e qui per la versione con un npo’ di rosicume portghese.
Tra vincitori c’é peró uno dei miei favoriti, che è stato premiato con una stella: Kabuki, ospitato dentro il Ritz Four Seasons, ma concettualmente anni luce nel futuro.
Bravissimi, dai cuochi al personale di sala che sta facendo un enorme lavoro di alto livello. È da qui e da un brindisi di champagne con il sommelier Filipe Wang che finisco di editare questo articolo.
Menziono anche Encanto del giá premiato gruppo Avillez, ristorante completamente vegetariano, ed anche Euskalduna di Vasco Coelho Santos che sono anni che aspettava questa onoreficenza, che sono entrambi nella mia lista di luoghi da scoprire da un bel po’ ed ora ancor a maggior ragione.
Non è arrivata la terza stella nel Chiado di cui una poco informata “fonte vicina alla Rossa” era giá andata a spifferare tutto a destra e a manca, anche a Dissapore che si chiedeva “cosa sarebbe più storico, per la gastronomia portoghese, del primo ristorante tristellato?”
Noi rispondiamo sinceramente a Dissapore: di piú storico ci sarebbe la disgiunzione della guida nei due Paesi, ma per questo discorso serve un po’ piú tempo di quello necessario a scrivere una notizia flash da lanciare a quattro ore dalla cerimonia (e coi nomi dei vincitori in mano).
Varrebbe molto piú che una stellina token lanciata per sopire le critiche.
Ed infatti così è successo: è stato annunciato che finalmente, nelle prossime edizioni, il Portogallo avrà una dignità gastronomico-michelinica propria, separata dalla Spagna.
Intanto, bando alle polemiche, un bell’applauso ai vincitori e come si dice da queste parti, “siga pra bingo”. Noi qui abbiamo un discorso piú complesso da fare, per cui mettetevi comodi.
Alla Spagna non gliene importa un fico
Mentre il Portogallo, come un cuginetto piccolo, guarda al vicino alzandosi quasi sulle punte dei piedi, e vorrebbe tanto tanto essere cosí ma per qualche ragione non ci riesce, per la Spagna delle stelle Michelin questo paese gastronomicamente parlando non entra nemmeno nel radar.
Ovvio.
È come se da noi le stelle fossero per Italia e Svizzera, o Italia e Croazia: il “paese piccolo” e meno forte gastronomicamente ne perde.
Il Portogallo è meno forte gastronomicamente non per una mancanza ontologica della sua cucina e della sua gastronomia, come potrebbe essere che so, per Abu Dhabi.
La storia gastronomica portoghese è piú lunga della sua storia politica, che come sappiamo lo rende uno dei Paesi piú antichi del mondo! Lo saprebbero anche i sassi, se si degnassero di studiare la storia e la storia gastronomica portoghese.
No, il Portogallo è meno forte gastronomicamenteperché al Portogallo mancano quelle strutture di promozione, alti studi, e tutta la serie di incentivi che invece la Spagna finanzia, e grandemente.
Come da noi in Italia il polo di eccellenza dell’ Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo in Italia, o ancora la Fondazione Mach, o la Fondazione Casa Artusi per citarne solo alcune, anche la Spagna investe molto nell’enogastronomia.
In Spagna è fondamentale il ruolo del Basque Culinary Centre, ma anche il lavoro incessante di elBulli Foundation di Ferran Adrià. In più, ogni regione autonoma è investita fortemente nella promozione turistica ma anche gastronomica.
Ci sono eventi, sponsorizzazioni, giunte provinciali, associazioni di produttori. Il cibo rende, la gastronomia paga, e tutti, da nord a sud, approfittano di questo interesse generale per far soldi.
E al contempo, generano contenuti gastronomici, salvaguardano i prodotti, creano dialogo e narrativa. Bellissimo.
Tutto il contrario che il Portogallo.
In un panorama desolato e desolante dove, oltre ai 50Best e alla Michelin, praticamente esiste solo Mesa Marcada, c’è poco da fare.
Nonostante il turismo, e con esso la gastronomia, sia uno dei motori trainanti dell’economia di questo piccolo paese atlantico, la politica e l’economia istituzionale e delle grandi imprese finora non sembrano avere avuto alcun interesse.
Non solo per sponsorizzare ricerca avanzata come nel Basque Culinary Centre o Pollenzo, ma anche per creare altre iniziative.
Non ci sono qui SlowFood, Gambero Rosso, Guida Espresso. Guide che competono, bnadate bene, con la Michelin in Italia, Non c’è qui la Guida Repsol come in Spagna a sparpagliare soli (anzichè stelle, ma sempre astri celesti), effettivamente erodendo terreno alla Michelin perchè la Repsol risponde a gusti specifici di chi si identifica con essa
Qui non c’è nulla.
Manca tutto: dalla formazione specializzata alla critica credibile. Ci sono lodevolissime iniziative come i workshop di formazione gastronomica per foodies del giornalista e critico Felner, ed il Dottorato in Patrimonio Alimentare dell’Universitá di Coimbra.
Ci sono corsi per cuochi e personale, come quelli delle scuole di hoteleria, ma non c’è un Cordon Bleu portoghese e forse dovrebbe esserci.
Ma non c’è rete, non c’è volume.
Ed in questo deserto arrivano come alieni gli ispettori senza nome della Michelin: vengono, mangiano, annotano.
Ma quanti di loro studiano approfonditamente, quanti di loro ripetono visite, quanti di loro cercano di vincere i preconcetti e preguidizi (se sono stranieri, come devo fare io per esercizio ogniqualvolta rimango basita da qualche usanza gastronomica desueta)?
Se nel 2023 o nel 2024 ci sarà davvero una guida Michelin propria, serve comunque personale educato alla narrativa gastronomica e nella critica che abbia amore e conoscenze specifiche riguardo alla cucina portoghese.
Cucina portoghese che, ricordiamolo per quelli in forndo alla classe, non è una cucina spagnola senza pimentón ne una cucina italiana con troppo aglio, per dire.
La rilevanza delle stelle
Le stelle Michelin sono percepite come l’unica possibilitá per chef e capisala, per gastronomi ed imprenditori della gastronomia portoghese di avere un po’ di quello che La Vecina Rubia chiama brillibrilli: polvere di stelle.
E non importa (loro) se solo di polvere si tratta, perchè al resto del gala per ora interessa solo la Spagna.
Ma perchè non esiste una guida Michelin separata?
Mancano fondi e volontá, certo, ma credo che sia anche perchè il palcoscenico qui da noi in Portogallo è un po’ troppo piccolo per tutti quegli attori che vorrebbero essere le primedonne e salirci sopra.
Lo spirito litigarello (Porto contro Lisbona, cittá contro campagna) è molto vivo, ed il risultato è un continuo boicottare iniziative. Invece di fare squadra come accade nella gastronomia spagnola, qui ci si divide in fazioni faziose.
C’è del malcontento per questo sistema, e ne parla Paulo Amado per il giornale Público. E`in paywall, ma il sunto dice che bisogna forse investire piú nella salvaguardia della salute mentale degli chef, che si sentono sotto pressione per ricevere o no la stella, piú che per far bene il loro lavoro.
Speriamo che l’annuncio di una guida propria si concretizzi (come San Tommaso, finché non vedo non credo).
Amigo App e le altre
Che cosa consultano le nuove generazioni per sapere dove mangiare?
Gli amici.
Il network. Social o reale e in carne ed ossa, non ricordo l’ultima volta che ho aperto una guida per scegliere un ristorante.
La Michelin certo che la consulto anche io - con il meraviglioso sistema di geolocalizzazione, che per i ristoranti è migliore di Google, ed il suo sistema integrato di riserva tavoli (in Spagna ad esempio funziona benissimo, ed in alcuni paesi funziona sia con Covermanager che con TheFork), è una gioia da usare.
Ma in realtá, quando voglio andare a mangiar fuori, chiedo in giro.
Ed è quello che facciamo tutti. Certo, leggo giornalisti gastronomici, e molti. Gastronomi, idem. Ma come posso fidarmi di un essere senza volto e di cui non conosco background e gusti, che giudica un ristorante (anzi, un piatto ed il suo servizio)?
Per questo stanno spuntando ovunque app e club e chi piú ne ha piú ne metta in cui dei “trusted contacts”, che possono essere amici veri, oppure persone che seguiamo sui social e pertanto di loro ci fidiamo, danno raccomandazioni. Parlo di Prior e di AmiGo, ad esempio.
Personalmente, io queste app non le uso: esattamente perchè so chi è che ci scrive, e quali bias hanno alcune di queste persone, e quali agende dietro le raccomandazioni dall’aspetto innocente ed innocuo che alcune di queste persone inseriscono nella app.
La veritá è che la maggior parte di chi scrive di gastronomia su Instagram e sui social, nel corso degli ultimi due anni è passato quasi sempre da utente della gastronomia ad imprenditore della stessa, con buona pace dell’oggettivitá critica.
Ci sono alcuni che sbandierano onestá, ma basta vedere qualche post “di troppo” e si capisce che anche loro hanno un fine piú o meno nascosto - quello di vendere, comunque, qualcosa. Anche fosse solo il loro “brand” personale di individui gastronomici.
Perfino noi qui, dopotutto, vendiamo qualcosa. Il fatto che sia “solo” conoscenza, e che non ci sia dietro un intento commerciale non cambia il fatto che anche noi, qui abbiamo un secondo fine: far incontrare al pubblico italiano le specialitá ed i dettagli della meravigliosa gastronomia portoghese.
E quindi ritorniamo al discorso della fiducia: di chi possiamo fidarci, per andare a mangiare fuori?
Come giudicare chi giudica?
Questo discorso apre un capitolo importante sul fatto che della Michelin non si conoscono i nomi dei critici, né ció che pensano.
Volendo attuare come un anonimo gruppo orientato poer decisioni collettive, peró, la Michelin non brilla in trasparenza perchè queste linee guida di cui tanto parla sono comunque celate al pubblico, e a chi sta essendo giudicato.
Della 50Best si sa chi giudica: gli sponsor, gli invitati, le agenzie di comunicazione. Paradossalmente, una lista ben più commerciale sembra al pubblico più trasparente.
E quindi? E quindi, nulla.
Prendiamo cum grano salis le raccomandazioni della guida, usiamola per quello che è: una mappa con dei puntini di interesse gastronomico e delle distanze ben calcolate, ed iniziamo a farci una propria opinione.
Ma come?
Il primo passo, è conoscendo gli ingredienti della gastronomia locale, poi i luoghi, ed infine le persone.
Per dirla come
in questo post di cui parleró nei prossimi giorni in modo piú esaustivo: "Pur accettando il contributo di brand e complessi industriali, adottiamo una prospettiva critica, di foodies come cittadini e non solo come consumatori o spettatori".Bisogna cambiare paradigma, inventare un nuovo mondo gastronomico. Un po’ come nella visione di Thomas Kuhn, non è che dobbiamo semplicemente mutare la narrativa corrente, ma dobbiamo l'intera visione del mondo nel quale la narrativa esiste, ed a cascata cambiare tutte le implicazioni che ne derivano.
Un’educazione alla gastronomia, alla cultura gastronomica, alla storia gastronomica, alla cucina e ai prodotti dei territori e dei saperi. Dobbiamo batterci per questo.
Un occhio all’innovazione, uno alla tradizione. Liberandosi di preconcetti e stereotipi, ed invece accogliendo similitudini e differenze. Impariamo a cercare cosa dobbiamo mangiare, prima che qualcuno ci dica dove dobbiamo farlo. Descrivere. Non prescrivere.
Praticamente, quello che stiamo facendo insieme con questa “guida diffusa”.
Errata: il ristorante Kabuki che ha vinto una stella si trova nello stesso blocco del Ritz. Tuttavia, Kabuki e Ritz non sono associati commercialmente. Si tratta solo di una localizzazione geografica