C’é una tristezza struggente che permea tutto il Portogallo. Possiamo ignorarla, come fanno alcuni locals, dipingendo ogni angolo di modernitá, progresso e glitter. Possiamo fare finta di non vederla - ma sbuca sempre, questa saudade.
Un sentimento che é a metá tra il rimpianto per un tempo perduto e la sensazione bruciante che qualcosa che desideriamo fortemente non accadrá mai.
Ecco che, con questa chiave di lettura, diventa piú semplice aggirarci per il territorio portoghese: é piú evidente nei paesini di provincia, quasi non si sente - se non in versione addomesticata, pulita e raffazzonatamente in vendita per i turisti, tra le strade del centro di Lisbona e Porto. In Algarve bisogna aspettare l’autunno, quando tutti se ne vanno, per sentire questo tormento dell’anima che permea le strade vuote e riempie le vetrine di negozi chiusi.
Ma é a Comporta che questo sentimento di saudade si sente maggiormente.
Immaginate un paesino di poche centinaia di abitanti. Poverissimo. Una sorta di Eboli dell’immaginario quando Cristo si é fermato proprio lí.
Una strada principale con dei caffé e piccole trattorie da menú operatio, un negozio di macchinari arǵricoli, un piccolo minimercato.
Ed improvvisamente, con una gigantesca speculazione edilizia volta a promuovere il turismo regionale, Comporta rinasce con l’ambizione di diventare Forte dei Marmi, St. Tropez, Porto Cervo.
Un posto dove non é di troppo un ristorante di design dove l’aperitivo é a base di champagne ed ostriche - che soppianta le birre con caracóis dei pochi bar rimasti intorno ad esso. Un posto dove non é di troppo la “Fashion Clinic”, un negozio aggregatore di brand di lusso a fianco a un negozio che vende sementi industriali e stivali di gomma.
L’ultima frontiera, l’ho chiamata. L’ulrimo paradiso:
Stritolata tra resort di lusso e ristoranti fatti apposta per attrarre quella crowd internazionale di ricchi ed ultra-ricchi - i primi a spasso per i ristoranti, i secondi chiuzsi nelle loro mansion con arrivo in eliporto.
Non riesco a darmi pace: mentre in Italia si lotta strenuamente per rendere al demanio e dominio pubblico di ritorno ogni metro di spiaggia acquisita a furire di prorohje dagli orribili “balneari” che deturpano ogni metro di sabbia, in Portogallo i ricchi stanno cercando disperatamente di arraffare ogni metro libero di spiaggia, dune, e pineta.
Tra il mega resort in pineta iper-lusso ma eco-friendly (Sublime Comporta), l’hotel tutto rosso di Christian Louboutin (Vermelho) il resort luxury ma ggggiovane e friendly in tutto meno che nei prezzi (Indipendente) il concept ispirato dalla simplicity ma per ricchi (Quinta da Comporta), l’hotel che lascia respirare la natura, ma a che prezzi (Spatia), e tutto l’universo JncQuoi di luxury living.
Non resterannoi che briciole, e probabilmente nel giro di qualche anno invece dei café de bairro apriranno ramen bar, pancake café ed invece che una fetta di pane e burro al mattino si potrá mangiare del sourdough o qualche dolcetto danese, di cui i portoghesi sono cosí inspiegabilmente golosi.
Sic transit gloria mundi.
Per provare ad assaggiare quello che era Comporta prima che arrivassero i grandi forndi di investimento, potete mangiare da Cavalariça Comporta. Un grande classico, con piatti interessanti, locali ma con un tocco di chef.
In alternativa, potete girare verso sud e dirigervi verso Porto Covo. Non ha spiagge immense come Comporta, ma ha due ristoranti che ancora sfuggono alle logiche extralusso che stanno divorando Comporta.
Qui, la Chef Ana Moura nel suo ristorante Lamelas interpreta la cucina della costa alentejana con raffinatezza e gusto, ed un menu orientato al mare, alle alghe, e ai prodotti dell’orto.
A poca distanza, lo Chef Marco Nascimento e la pasticcera Angela Franco di Alma Nomada reinventano la gastronomia locale con tocchi asiatici, cucina del territorio ed omaggi al viaggio. Riso, pesce, carne e verdure formano un menu esplosivo.