Conspicuous consumption.
Luxury Edit.
Unaffordable.
Tutti lemmi che oggigiorno fanno un po’ sorridere, anzi, forse fanno solo cringe. Il lusso sfrenato è passato di moda, rimane in auge online tra qualche instagrammer in declino morale, Flavio Briatore e Gianlucha Vacchi e tutto quello che rappresentano, e si è spostato ad est, tra oligarchi, tycoons cinesi, e soprattutto decadentissimi arabi biancovestiti della penisola.
Qui in Europa c’è una generazione un po’ stufa del lusso per il lusso, e che inizia a capire che forse il vero lusso nella vita é avere un orto dei semplici e raccogliere le carote al mattino, sporcandosi le dita di terra.
E in Portogallo?
In questo piccolo paese atlantico si viaggia a molte velocitá. Ci sono i cosiddetti Golden Visa (spesso brasiliani, o di uno dei vecchi territori d’oltremare) che vengono in Europa alla ricerca di un passaporto sicuro, e possibilmente di un luogo dove vivere senza il costante rischio di essere ammazzati a pistolettate per due spicci.
I Golden Visa vengono chiamati così perché il governo portoghese, ghiotto, ha per anni rilasciato visiti in cambio di investimenti cospicui in case od imprese. Normalmente alla ricerca di comfort simili a quelli che hanno lasciato, hanno creato un mercato un po’ ridicolo di condomini chiusi, megacomplessi di ville e appartamenti con piscine per i residenti e (orrore) zone barbecue comunitarie sui rooftop.
A loro negli ultimi anni si soon aggiunti molti nordamericani, spesso in pensione. Anche loro, in fuga da un paese sempre piú violento ed invivibile. Mad Max Fury Road deve attendere, perlomeno in terre lusitane.
Alcuni scrivono delle loro avventure in terre lusitane, come il concittadino neolisboeta Steve Danzey con cui ci si scambiano idee e consigli su dove mangiare e passeggiare (senza volare in terra!). La sua newsletter é super simpatica e racconta la vita quotidiana di una famiglia atterrata a Lisbona, con i suoi alti e bassi.
Consiglio vivamente.
Ci sono poi gli europei.
Primissimi i francesi, i loro pensionati baby di questo simpatico paese europeo che non vuole lavorare fino a 65 anni come tutti gli altri, che hanno preso d’assalto zone brutte ed inaccessibili come Campo de Ourique e le hanno trasformate in zone brutte e inaccessibili ma piene di negozi, mercerie e bistrot francesi.
Organizzatissimi, vivono in Portogallo ma potrebbero essere in Costa Azzurra (tanto ormai i prezzi sono gli stessi), e vanno quasi solo nei locali dei loro connazionali (o in quelli dove sono presenti vini francesi).
Gli italiani si dividono generalmente in abbienti pensionati che hanno mollato le magagne italiane per venire a godersi gli anni d’oro in un paese che non tassa loro le pensioni, e una schiera di giovani dei call center, che vivono di pasti a buon mercato, e che sono dovuti emigrare perché i loro genitori non pagando le tasse impediscono allo stato italiano di avere fondi sufficienti per creare loro delle condizioni lavorative decenti.
Nordici solvibili e simpatici, e una buona dose di spagnoli che non hanno ancora capito che vivere a Siviglia o Madrid costa ora meno che in Portogallo completano il paesaggio europeo.
Molti, moltissimi digital nomads arrivano da nord e da ovest. Un po’ frenati dalle ultime disavventure in campo di criptovalute, molti di loro sono tornati a vivere nei loro paesi in inverno a leccarsi le ferite e riconvertirsi da esperti di Web3 (qualunque cosa esso sia) e blockchain, a neo esperti in intelligenza artificiale e ChatGPT.
Attendo l’autunno per vedere quanti di loro arriveranno in tempo per il vanaglorioso Web Summit e, dopo aver lasciato la città un immondezzaio, rimarranno per un po’ a calpestare sui loro tasti dei MacBook nelle lobby degli alberghi di lusso, e nei tantissimi caffè con pancakes e cappuccini costosi che sono sorti come funghi, per loro.
Da est arrivano (ancor per poco) moltissimi israeliani con doppio passaporto (una sorta di Golden Visa anche qui, ma incendiato dalle malefatte della Santa Inquisizione che ora pesano sui posteri), ed arrivano ucraini e russi in fuga dai loro paesi, qualche arabo pioniere, tantissimi cinesi e macaensi con tradizioni portoghesi da generazioni, e qualche australiano che é venuto in cerca di onde.
Dal sudest asiatico arrivano in massa pachistani e bengalesi, e normalmente si riversano tra Benformoso e Martim Moniz a Lisbona prima di essere smistati: chi a lavorare come fattorino per Uber, chi nei ristoranti della zona, e chi spedito senza cerimonie né condizioni a sud, a raccogliere frutta e verdura nelle serre sterminate in Alentejo.
Da sud, arrivano perlopiù persone i cui nonni erano portoghesi: da Angola e Mozambico arrivano a studiare, ed alcuni si innamorano del Portogallo, e rimangono qui. Un folto gruppo di sudafricani si spinge a Madeira, ma era la terra dei loro avi balenieri.
In tutto questo c’è a far da contraltare un esodo incontrollabile di portoghesi verso Francia, Lussemburgo, Olanda ed altri paesi che, come nel caso dei cervelli e delle braccia italiane in fuga, sono ben felici di dare lavoro e salari degni a questa giovane generazione.
Tanto, in Portogallo come in Italia al governo ci sono dei vecchi con il culo parato, a cui delle generazioni di giovani di belle speranze interessa davvero poco, avendo già ammassato sufficiente valore intergenerazionale per dare alle loro proli un bel cuscinetto economico e sociale che manterrà al caldo e all’asciutto tutti, fino ai pronipoti.
E nella gastronomia lusitana, come si riverberano questi mutamenti sociologici ed economici?
In generale, i portoghesi mangiano fuori casa molto più degli italiani - la mancanza dell’istituzione della mamma italiana si fa sentire. Ergo, qui si fa sentire molto di più il rincaro del costo della vita fuori carrello e nel portafogli.
Eppure, i ristoranti sono pieni, direte voi.
Ma il ticket medio, chiederei allora io?
Molti ristoratori si lamentano che gli avventori vengono, siedono, e spendono…poco. Dividono i piatti, Ordinano solo acqua. Non vogliono il dolce.
Ma sarà solo una voglia generale di spender poco, oppure gli avventori di oggi sono stati un po’ viziati dai ristoratori con la storia dei “piccoli piatti da dividere quindi prendine 3 o 4”, e che alla fine sono piatti piccoli solo nelle dimensioni, ma non nel prezzo?
Ditemi la vostra.