Namban: infuenze portoghesi in Giappone
La cucina portoghese in viaggio di andata e di ritorno
La cucina portoghese è nella sua essenza una cucina di fusione. Nasce dall’incontro tra la gastronomia romana e fenicia con quella araba e magrebina di Al-Andalus.
Dopo il 1492 diventa una cucina globale a respiro mondiale, con ingredienti che provengono da tutto il mondo. Da est a ovest, da nord a sud.
Ovunque arrivino le navi portoghesi, esse tornano cariche di memorie gastronomiche ed ingredienti che arricchiscono questa cultura. E ripartono con ricette da esportazione, che talvolta ritornano a casa facendo giri lunghissimi.
Forse per questo, come Londra e New York, Lisbona è una delle capital mondiali della fusione gastronomica. Una passeggiata in centro, nel quartiere della Mouraria cher ospita quasi 100 nazionalitá diverse, mostra in tutta chiarezza quanto ancora oggi Lisbona sia al tempo locale e globale.
Ma il Portogallo non ha solo importato ricette e prodotti.
Ha anche esportato la sua gastronomia ed i suoi ingredienti - la dimostrazione che ogni “colonizzazione” ha sempre due sensi. E questa esportazione è arrivata ai confini del mondo.
Perfino in Giappone.
Namban
Una parola che suona come una coccola, ma che in realtà significa barbarie. Un tema ricorrente nella nostra newsletter e nel blog.
Il termine giapponese namban (si pronuncia naanmaan) era originariamente usato in Cina per definire i "barbari del sud", tribú combattenti ai confini dell’impero.
In Giappone, invece, il termine namban acquisisce tutto un altro significato.
Secondo Japan Times, infatti passa a designare qualcosa di straniero e altamente desiderabile. Straniero e desiderabile come le usanze esotiche che i primi europei in visita all’arcipelago giapponese portavano con se.
Sebbene Marco Polo nel Milione menzioni il Giappone con il nome di Zipangu, in realtá i primi europei sul suolo giapponese furono proprio dei portoghesi. Si racconta che fossero i passeggeri di una nave cinese finita fuori rotta e nel 1543 sbarcarono a a Tanegashima, nel Kyushu giapponese meridionale, ma diverse navi in diversi anni in quell’epoca facevano la spola tra le “isole delle spezie” come la Malacca, ed il Portogallo.
Comunque sia, fino allo shogunato di Edo nel 1639, i portoghesi furono presenza costante in Giappone ed i riflessi di questa importante relazione sulla gastronomia si protraggono fino ad oggi.
Le loro rotte commerciali verso la Malacca e le altre isole delle spezie iniziarono a raggiungere anche il Giappone.
Partendo da Lisbona, doppiavano il Kaap die Goeie Hoop (Capo di Buona Speranza) in Sudafrica per dirigersi verso le colonie di Goa (India), della Malacca (Malesia), di Macau (Cina) per arrivare infine a Nagasaki in Giappone, cittá dove avevano preso sede commerciale.
Con i Portoghesi inizia una globalizzazione culinaria in oriente: sono loro infatti che dalle Americhe portano in Giappone sia peperoncino che il mais che lo zucchero.
E sono ancora loro che introducono nella gastronomia giapponese i dolci lievitati di farina, zucchero e uova, la pastella per friggere, e le marinate tipo escabeche (il nostro scapece) che avevano appreso e mantenuto sin dai fenici e romani.
A tavola in Giappone, ma con una mesa portuguesa com certeza
Il Portogallo ha una ricchissima tradizione dolciaria. Basata principalmente sull’uso massiccio di uova, zucchero. Questa abitudine dolciaria si è espansa con loro ed è arrivata anche in Giappone.
Con nanban kashi infatti ancora oggi si definiscono una serie di dessert spiccatamente portoghesi.
La castella o kasutera, ad esempio, è un dolce ispirato al portoghese pão de ló, una sorta di torta margherita con dozzine di uova che la rendono sofficissima. La prima ricetta scritta viene dal mitico libro dell’Infanta Dona Maria.
In questo bellissimo articolo (in inglese) vengono spiegate in dettaglio le differenze tra il pão de ló e la castella/katsutera, e viene presentata una bella carrellata dei differenti tipi di pão ló presenti in Portogallo: Pão-de-ló de Margaride, Pão de ló de Vizela in Minho, Pão-de-ló de Freitas vicino ad Amarante, e Pão-de-ló de Mirandela in Trás-Os-Montes, Cavacas Resende in Douro, Pão-de-ló di Ovar, Pão-de-ló Arouca, Pão-de-ló Alfeizerão, Pão-de-ló of Figueiró dos Vinhos, Pão-de-ló Saloio , Pão-de-ló de Extremadura, Pão Leve della Beira,Pão-de-ló de Alpiarça in Ribatejo.
Il bolo, altro dolce giapponese, è un biscottino soffice, piccolo e tondo. Come l’italiano confetto ed il portoghese confeito, il konpeitō giapponese è una caramella candita colorata. Il keiran somen é un dolce derivato dagli zuccheratissimi fios de ovos: fili di uova cotti nello zucchero.
Anche molti metodi culinari portoghesi trovarono spazio nella cucina giapponese, diventando parte di essa.
Ad esempio il frito delle pietanze fritte in pastella è l’origine della tempura giapponese, ed il romano escabeche in cui del pesce di piccole dimensioni è fritto o bollito, e poi marinato in olio, aceto, spezie ed erbe è il precursore del locale nanban-zuke.
Credo anche che il purin giapponese, un budino salato e tiepido che viene servito all’inizio delle refezioni, sia da asciversi ad una origine portoghese con il suo pudím.
In un viaggio veramente ai confini del mondo, i peperoncini arrivarono attraverso le navi portoghesi fino in Giappone.
Inizialmente chiamati nanban-karashi oppure mostarda namban, il loro nome è stato mutato successivamente in tōgarashi, ossia mostarda cinese, quando il Giappone decise di chiudere le frontiere a tutti gli stranieri ed il termine “cinese” divenne sinonimo di straniero.
Invece, il kamo nanban è un piatto di spaghetti (soba o udon) in brodo dashi, generalmente fatto a partire dall’anatra o dal manzo, e che contiene porri. nanban soba infatti sono qui definiti questi vegetali un po’ inusuali in Giappone. La versione con pollo di questo brodo coi porri si chiama tori nanban o kashiwa nanban.
Al contrario il pollo nanban, ad esempio, è uno yoshoku, ossia un cibo occidentale che è stato adattato al gusto giapponese. Questo piatto succulento originario della prefettura di Miyazaki nel sud del Giappone, sembra una ricetta interessante da provare a fare in casa.
Namban Art
Il termine arte namban comprende quelle opere d’arte giapponese che tra il XVI e XVII secolo furono influenzate dal contatto con i nanban, i 'barbari del sud', ma lo stesso termine si riferisce anche ai dipinti che gli europei portarono in Giappone.
A Lisbona, al Museo Nazionale di Arte Antica (MNAA) potete vedere in esposizione un bellissimo pannello decorativo e paravento in arte namban.
Il museo vale davvero la pena una visita, non fosse anche solo per andare una sbirciata al trittico di Hyeronimus Bosch che rappresenta le Tentazioni di Sant’Antonio di cui scrive anche Tabucchi nel suo libro Requiem, un vero canto d’amore per il Portogallo.
Giappone a Lisbona
In Portogallo c’è una vera profusione di ristoranti di cucina Giapponese di altissima qualitá. Prova è che molti di essi sono anche stati premiati dalla guida Michelin.
La stessa gastronomia portoghese, con la sua tempura di fagiolini (peixinhos da horta) ed il pão de ló rende immediato questo amore e questa passione.
In questa selezione, in ordine rigorosamente alfabetico, preesento tra i ristoranti giapponesi della capitale portoghese quelli che piacciono a me.
Ajitama
Con due locations, una recentissima in Rua Alecrim ed una storica in Picoas, Ajitama è il posto dove andare a mangiare Ramen senza complicazioni, ma con eccellenti brodi con preparazione tradizionale.
Prezzi contenuti ed una deliziosa kombucha fatta in casa lo rendono special, species per scaldarsi nei giorni un po’ freddi.
ByKoji
Lo Chef Koji Yokomizo e lo Chef Esecutivo Shinya Koike hanno aperto ByKoji, un locale dall’aspetto scandinavo e dalla purezza orientale a Santos, in una stradina laterale che lo rende il luogo perfetto per scappare dalla confusione del centro.
Un best kept secret molto amato dai lavoratori delle ambasciate locali che affollano il ristorate a pranzo, serve delle deliziose insalate giapponesi che rimangono nella memoria. A pranzo servono un menu fisso, ma si possono sempre chiedere aggiunte.
Go Juu
Un grande classico della cucina giapponese con possibilitá di menu Omakase per conto dello Chef Fagner. Non solo da GoJuu si sta bene e si mangia divinamente, ma è anche uno di quei posti dove viene voglia di tornare. Lo Chef è anche l’anima dietro al servizio di delivery e take away di Tonkotsu Ramen. Consiglio vivamente l’esperienza Omakase al bancone.
Kabuki*
Kabuki(*) ha aperto nel 2022 vicino al bel Parco Edoardo VII, ed ha subito vinto una stella Michelin. Un’equipe di sala e cucina eccellenti, una cantina raffinata e un servizio di vini di prim’ordine, uniti ad un bar con cocktail strepitosi ne fanno un must di Lisbona.
Iniziate con un cocktail nel tranquillo bar all’ingresso. Pasteggiate a Champagne e Borgogna, se potete, lasciatevi consigliare dal sommelier e non perdetevi il piatto di carabineiro. Per me, il lusso che ognuno vorrebbe potersi permettere.
Kappo
Dopo aver lasciato la cucina stellata di Midori (*) insieme a parte del suo team, lo Chef Tiago Penão si è saldamente insediato a Cascais dal 2021 da Kappo. Un bellissimo ristorantino che potrebbe stare a Milano, con luci calde e legno. Il servizio è attento ed il menu di prima qualitá.
Negli scorsi due anni Kappo ha ospitato chef eccezionali per indimenticabili eventi a quattro mani. Ricordo con estremo piacere ad esempio la cena con chef Edson Yamashita di Ryo Gastronomia (**), una serata indimenticabile con i due Chef impegnati in una danza gastronomica e di prodotto.
Lucas Azevedo
Lo Chef da tenere d’occhio. Dopo aver brillato alla barra giapponese di Praia no Parque, ora è in una pausa creativa che gli permette di partecipare a pop-up ed eventi, in attesa della sua prossima avventura. Il miglior chef di cucina giapponese in Portogallo.
Sakemiko
Non è proprio un ristorante, ma Sakemico è un negozio di sake premium che organizza eventi culinari e che ha un picoclo menu per abbinare agli assaggi di sake. Si trova in Estrela, vicino alla ambasciata britannica. La pagina Instagram è una miniera di informazioni sul sake!
Tasca Kome
Come dice il nome, Tasca Kome nella Baixa lisboeta esplora il concetto di taverna giapponese: quella dove mangiare un piatto goloso e buono a poco prezzo. Ha anche sushi e sashimi, ma la vera stella qui sono i preparati della cucina tradizionale del menu del giorno, con minestre, tempura, panati ed ottime opzioni vegetariane.
Per me, un imperdibile a Lisbona, io ci vengo spesso a mangiare un boccone a pranzo. I menu del giorno a 13 euro sono semplici e un vero inno alla gastronomia quotidiana del Giappone.
I due ristoranti che seguono, entrambi con una stella Michelin, sono tra quelli che non ho ancora provato, ma di cui mi interessa molto la cucina tanto da spingermi a programmare di visitarli nel 2023.
Kanazawa*
Lo Chef Paulo Morais ha ricevuto al gala Michelin del 2022 una stella per il suo spazio Omakase chiamato Kanazawa, ad Algés. Una barra per una decina di persone, servizio a pranzo e a cena.
Midori*
Midori(*), che significa verde in giapponese, si trova a Sintra, dentro al Penha Longa Resort dal 1982 e si specializza in fisione tra Giappone e Portogallo. Ha una stella Michelin.
Bellissime cose
È stato in Olanda, altro paese molto piccolo con enormi rotte commerciali sparse in tutto il mondo, che per la prima volta mi sono messa coscientemente a collezionare pezzi di antiquariato orientali.
La mia collezione, per mancanza di fondi in realtá si è limitata ad acquisire un bellissimo Tansu per un mio compleanno.
Il tansu é un mobile giapponese, alcuni hanno cassetti, antine e ripiani, mentre altri, come il mio, solo cassetti. Ci sono tansu per la cucina ed altri per riporre i vestiti (kimono).
Il mio, una bella cassettiera giapponese dela fine del periodo Edo, che ho trovato ad Amsterdam da Van Hier Tot Tokio. Era nel loro magazzino in attesa di essere finita: gli era stata tolta tutta la pesante laccatura scura e aspettava solo me, che ho preferito lasciarlo al naturale.
Questo negozio chiamato proprio nam-ban ha in catalogo un articolo che vorrei tanto regalarmi. “LA ciotola di riso”, una bellissima creazione progettata pensando alla mano umana: i suoi 12 centimetri di diametro sono infatti quelli della mano di un giapponese medio, quando forma un semicerchio con il pollice e l'indice. Dicono che sia la dimensione perfetta che si adatta naturalmente a una mano.
Infine, Van der Velden Oriental Art è una vetrina meravigliosa di arte orientale, cionese e giapponese in particolare. In Belgio, un appuntamento imperdibile se siete da quelle parti.
Anche se i prezzi non sono simpatici, è tutto bello da vedere per fare quello che io chiamo “shopping con gli occhi”.
I suoi articoli sono davvero molto interessanti. Io che vivo in una zona D America molto Portoghese vorrei tanto che gli Americani capissero la vera gastronomia Lusitana, cosa che non appare qui. Buon lavoro