L’olio d’oliva e il burro salato (di cui abbiamo parlato a gennaio) sono i due grandi contendenti del “couvert ” portoghese (insieme alle olive, al formaggio, e al paté di carne o pesce).
Non c’è come da noi una grande distinzione tra “a nord burro, a sud olio”: qui entrambi convivono a tavola da nord a sud, da est a ovest, per rallegrare il pane e l’attesa dei commensali.
In realtà, a me questa usanza di farcire i commensali ad inizio pasto con pane, olio e burro piace però davvero poco.
Il pane é veramente buono e goloso in molti ristoranti, specialmente quelli nuovi, che si avvalgono di panificatori artigianali oppure hanno inserito una linea di produzione di pane in cucina. Per cui la tendenza a rimpinzarsi é sempre dietro l’angolo, specialmente quando l’attesa si fa lunga, e a detrimento dell’appetito per i piatti ordinati.
Potendo, sceglierei di farmi dare il pane da portar via in un sacchetto, e lo userei per una gustosa colazione il giorno dopo. Perché nonostante a casa ci siano due grandi gourmands, il pane manca sempre. E il pane portoghese è una tentazione: buono, fragrante, equilibrato e soprattutto, onnipresente. Ne ho parlato qui.
Ma torniamo all’olio d’oliva.
Il mercato dell’olio anche qui come da noi é dominato dalle grandi industrie che per pochi euro vendono bottiglie di qualità e provenienza dubbie. Gallo e Oliveira da Serra ad esempio, due colossi produttivi, insieme rappresentano intorno al 65% della quota di mercato. Ma anche Esporão, al di lá del suo simpatico ed accattivante slogan e immaginario che invita alla calma e alla lentezza “slow”, nasconde una grande impresa che oltre ai più di 500 ettari per la produzione di vino produce olio d’oliva (bio) su più di 100 ettari. Alla faccia dell’artigianalità…
Ci sono poi anche qui dei piccoli produttori locali, da nord a sud, che si concentrano sulle produzioni di qualitá variabile. Nei ristoranti un po’ alla moda e più moderni si cerca di dare spazio ed attenzione all’olio d’oliva, perlomeno a quello che si serve in tavola.
Gli oli d’oliva buoni si riconoscono perché in etichetta specificano la data di raccolta e imbottigliamento, si dilungano sulla varietà di olive e si dilettano nel raccontare il proprio prodotto, con amore e dedizione.
E senza aggiunta di clorofilla. Anche qui, c’è chi ha tentato di fare il furbetto.
Anni fa il giornalista enogastronomico Edgardo Pacheco, forte della sua esperienza e ricerca decennale sull’argomento, ha scritto un libro sull’olio d’oliva portoghese che é ancora attuale: cambiano le annate ma non i produttori, e le descrizioni organolettiche e di produzione possono ancora servire a fare una scelta oculata.
Nelle parole del giornalista, che quoto con una traduzione a braccio, e spero non me ne voglia: “Per chi ama gli oli più verdi, con aromi verdi, erba, foglia d'ulivo, cavolo e sapori amari e piccanti in bocca, il terroir d'elezione sarà Trás-os-Montes.
Se ti piacciono più morbidi, più dolci, più silenziosi, non amari e meno piccanti, dovresti consumare oli dell'Alentejo e Ribatejo.
Gli oli d'oliva Douro, invece, hanno un profilo peculiare. In Baixo Corgo e Cima Corgo, gli oli hanno note di noci e spezie, alcuni hanno note di cannella, abbastanza pronunciate, cespugli ed erbe aromatiche che li rendono molto interessanti da utilizzare nei dessert, con il cioccolato o anche il gelato”.
L'olio d'oliva del Ribatejo Cabeço das Nogueiras Premium per esempio, fa parte della Top 10 scelta da Edgardo Pacheco, e vince molti concorsi: io a casa ne ho sempre un bottiglione da vari litri per andare sul sicuro.
Prodotto intorno ad Abrantes, è una vera delizia. Ho parlato poco tempo fa della meravigliosa zona della Beira interiore, e delle sue golose specialità e passeggiate.
L’olio d’oliva é centrale nella alimentazione portoghese, anche perché nell’olio d’oliva qui si frigge: in Alentejo, nei ristoranti tradizionali si friggono meravigliose patate fritte tagliate grossolanamente in olio d’oliva, garantendo loro un sapore unico.
Niente a che vedere con le patatine asettiche dei fast food: anche le patate fritte nel tempo lento dell’ Alentejo si trasformano da icona del fast food a regine dello slow food.
Un’altra cosa che viene fritta sono i dolci natalizi, ne abbiamo parlato qui sul blog a dicembre.
L’olio d’oliva, poi, è il grande protagonista di una preparazione chiamata à lagareiro, che molte volte si trova per il polpo (polvo à lagareiro). o per il baccalà (bacalhau à lagareiro).
Le ricette à lagareiro hanno in comune la preparazione degli alimenti con abbondante olio d’oliva, ed un accompagnamento di patate che sono prima arrostite, bollite, o rosolate e poi schiacciate (a murro, con un pugno), servite quindi con cipolla e molto aglio.
I had no idea there was such a variance in olive oils. It makes sense, I guess. If grapes in different regions taste differently, olives would too.